Alida Mazzaro

Viaggi Yoga Cibo Riflessioni Floriterapia Sessualità Alberi Poesia


12 commenti

LA SOLITUDINE INSEGNA

Si sedette sul water. Il bagno era sempre stato il suo posto preferito. Non solo perché poteva rimanere in solitudine a tagliarsi le pellicine delle unghie delle dita o  a depilarsi con il rasoio  oppure  a inventarsi creme da spalmare in tutte le parti del corpo anche le più strane, ma  anche perché era affascinata dalla trasformazione del cibo profumato e dionisiaco  in materia altra di consistenza e di odori (mai ributtanti a lei  piacevano gli odori e difficilmente sentiva odori fastidiosi).

Una livella, come avrebbe detto Totò, dal caviale al burgher poi tutto si riduceva nella stessa forma e sostanza. La trasformazione. Non solamente il marmo di Michelangelo da  sasso  a divinità, ma anche il cibo degli Dei  a residuo di poco valore. Essere in grado di riconoscere la qualità dell’alimento  dopo il lungo viaggio che ha fatto dalla bocca all’ano è impossibile per chiunque.

Era un periodo in cui abitava da sola. Le sue amiche se ne erano tornate a casa, lasciandola in quell’appartamento impersonale  senza piante e senza luce dal cielo. Sola da forse 4 settimane, contare i giorni non le piaceva, li guardava sparire dalla sua vita annoiandosi mentre li lasciava volare via. Stava bene.

Tutto accadde in un giorno di quelli che non sembrano giorni.

Si alzò come sempre verso le nove, un caffè e l’appuntamento mattutino con il Signor water. Era rilassata. Si pulì ben bene, si lavò i denti con il suo amato dentifricio ayurvedico al neem, cercò il sapone per lavarsi il viso. Si trovò tra le mani una saponetta nera, che non aveva mai visto, forse  qualcuna delle sue conviventi l’aveva dimenticata. Era senza profumo, nera come la pece e dura, sassosa. Forse biologica?

Si guardò allo specchio. Faccia serena questa mattina, eh! Si disse. Iniziò ad insaponarsi, la schiuma era bellissima, leggera e consistente, con dei piccoli granuli che le stavano facendo uno scrab, beh! non era male. Le ci volle un poco di pazienza per toglierla ma era sicura di aver pulito la pelle ben bene.

Si guardò allo specchio. My God, ma quella non era lei!!! Uno strano viso, diverso dal solito, non il suo.

Gli occhi preoccupati, gli angoli delle labbra puntati all’ingiù verso il pavimento, le narici dilatate. Aveva la faccia delle giornate di merda, di quelle che non passano mai perché tutto ciò che di peggio poteva accadere era già accaduto. Trascorse il giorno a guardarsi. Lavorò al computer e poi andò a guardarsi allo specchio, mangiò e prima e dopo e mentre si cucinava un uovo fritto andava al bagno a guardarsi e poi ogni 10  minuti. Il suo viso era sempre quello, quello orrendo.

Andò a dormire verso le due di notte. Sperava che il suo inconscio malato con una manciata di sogni le avrebbe dato delle spiegazioni. Domani mattina ci sarebbe stata chiarezza.

Al mattino invece non accade nulla. Il suo inconscio non voleva parlarle, né con sogni né con sintomi fisici (mal di testa,  alito da topo morto, emorroidi, lacrime..)

Tardò il momento del passaggio al bagno. Bevve la sua tazza di caffè, non mangiò nulla, lavò i piatti,  guardò la televisione  sfogliò un libro che aveva iniziato a leggere da circa 15 giorni, e poi decise che doveva andare allo specchio dove avrebbe certamente rivisto la sua faccia.

Era rimasta quella faccia preoccupata e triste, con gli occhi  velenosi  e  le labbra cupe. Fronte corrugata e denti stretti. Sì certo era lei, ma il viso rispecchiato non trasmetteva il suo stato d’animo.

Si guardò, la sua espressione allo specchio non cambiava, era marmorizzata. I segni del viso perfettamente disegnati.

Prese il sapone nero e iniziò a strofinarsi, a lavarsi, cercando di togliere quella faccia inquietante che non le piaceva.

Quando riaprì  le pupille brucianti vide un’altra. Occhi ridenti allegri un sorriso  aperto piccole rughe intorno agli occhi e gli angoli della bocca all’insù…Lei quando era felice. Iniziò a tremare.Cosa voleva dire ‘sta storia ?

Rimase tutto il pomeriggio sul divano, cercando di finire quel maledetto libro che aveva le prime 10 pagine difficilmente comprensibili, per questo si fermava sempre alla undicesima da 15 giorni.

Non aveva il coraggio di guardarsi allo specchio.

Cosa stava accadendo? Cosa era accaduto negli ultimi giorni? Come aveva vissuto? Tanta casa pochi rapporti umani qualche telefonata e tanta solitudine, perchè Lei amava la solitudine, non le piaceva vivere con altri, li trovava faticosi, doveva sempre indossare tante maschere…ecco cosa era, le maschere!!!

Corse al bagno ed iniziò a lavarsi con Quel sapone.  Aveva compreso che era stato lui a scatenare tutto, ma non le interessava sapere di cosa era fatto e da dove veniva. Voleva sapere dove Lei stava andando. Usò le mani con forza, sfregò la saponetta dietro le orecchie, sul collo, la fronte, gli zigomi, le labbra. Ci mise impegno. Quando finì, il viso che lo specchio le rifletteva era un viso sognante, dolce romantico, un viso pieno di punti di domanda e di  dolcezza…

Si guardò per qualche istante e poi si lavò e rilavo e rilavò…

Mio Dio quante maschere, quante maschere…

Lei sociale che sorrideva  agli altri anche quando non ne aveva voglia, Lei che aveva un volto accomodante anche se piena di rabbia, Lei con un viso chiuso e corrugato a nascondere la paura, Lei con un viso distratto a nascondere la passione, Lei con il dentro che non corrispondeva al fuori.

Lasciò il bagno e le sue 10 maschere nella schiuma del sapone.  Non aveva avuto la forza di continuare a lavarsi, l’avrebbe forse fatto domani.

Perché tutte quelle maschere che non conosceva  si erano sciolte? E perchè si sentiva leggera? Così leggera.

Tanto peso in meno, la schiena era diritta, lo stomaco non si lamentava più e il suo intestino, quello con cui aveva delle grandi difficoltà di comunicazione, beh, quella sera si era espresso con entusiasmo.

Quindi con le maschere se ne erano andate vie tante cose. Per prima la finzione.

L’ultimo mese in casa da sola. SOLA. Era stata bene. Poteva essere, senza dover far vedere altro, senza doversi nascondere dietro visi di marmo di cera, di legno o peggio ancora di plastica.

Volle vedere l’ultima maschera. Ed il suo vero volto.

Andò in bagno. Iniziò a lavarsi. Prima di arrivare a quello che desiderava, dovette togliere ancora due maschere.

Finalmente Lei. Il suo viso da bambina  di 6 anni con gli occhi luminosi e il sorriso malinconico.

Si guardò, si sorrise e andò a dormire. Lei e Lei.